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ALFA ROMEO SPIDER DUETTO

 

La macchina di Delilah Mercier, una splendida Alfa Romeo Spider Duetto, è molto più di un semplice mezzo di trasporto. È un’estensione della sua personalità: elegante, nostalgica, con un fascino irresistibile ma allo stesso tempo terribilmente caotica.
Visivamente, la Duetto ha tutto il fascino senza tempo di un’auto sportiva italiana: linee sinuose, una carrozzeria rossa fiammante, fari rotondi sporgenti come occhi sempre vigili, e un cofano lungo e affusolato che sembra fatto apposta per tagliare l’aria con grazia. La capote nera, ovviamente rigorosamente chiusa nella nebbia o in condizioni atmosferiche dubbie, aggiunge un tocco di mistero, mentre la griglia anteriore a forma di cuore le conferisce un'aria quasi romantica… se solo non fosse per la ruggine che minaccia gli angoli meno visibili.
Ma se l’esterno emana una certa rispettabilità, l’interno è tutta un’altra storia. L’abitacolo di Delilah è un disastro annunciato. Tra oggetti di dubbia utilità e residui di vita vissuta, l’auto sembra una capsula del tempo della sua eccentricità. Dischi in vinile sparsi ovunque, alcuni senza custodia e con copertine spiegazzate che fanno gridare vendetta al buon senso. Rossetti e ciprie abbandonati a loro stessi, lasciando tracce polverose sui sedili di pelle vissuta. In un angolo spunta un pacchetto di sigarette dimenticato – e chissà se Delilah lo usa davvero o se è lì solo per darsi un’aria vissuta.
E poi c’è quell’oggetto… una pistola sbucata tra gli oggetti, nascosta sotto quattro armoniche a bocca, quasi fosse una scelta di autodifesa musicale. Daphne, la giovane compagna di avventure, aveva lanciato un’occhiata sospettosa a quell'arma, ma Delilah si era limitata a sorridere con un’alzata di spalle, senza fornire spiegazioni.
Il rapporto di Delilah con la sua macchina è tanto complicato quanto lo è con le persone. La tratta con un misto di affetto e noncuranza, come si fa con un vecchio amante di cui non si può fare a meno ma che ogni tanto viene insultato pesantemente. Ogni tanto le rivolge un’occhiata carica di rassegnazione quando il motore fa i capricci, ma non la cambierebbe per nulla al mondo. 

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