Un esserino volava a mezz’aria come un sacchetto trascinato dal vento. La sua pelle era bianchissima, quasi lattiginosa, e contrastava con i capelli corvini, lunghi, lisci e pesanti, che si incollavano alle spalle e alla schiena umida di rugiada. Il vestitino nero, cucito con mille ricami intricati e argentati, sembrava un patchwork di nobili ragnatele, cucito da qualche sartina elfica sotto acido. Lasciava scoperti i piedi nudi, piccoli e perfetti, intirizziti dal freddo. Su quelle estremità bianche come porcellana, e le spalle, lasciate anch’esse nude, la pelle d’oca si abbozzava in minuscoli brividi visibili solo da occhi attenti. Le ali, piccole e fragili ma efficienti sbattevano pigramente, facendola procedere con lentezza. Attorno a lei, la foresta era fitta, altissima, cupa. Gli abeti rossi dominavano, alti e dritti, con tronchi ravvicinati e aghi che oscuravano il cielo. Al loro fianco crescevano faggi scuri, larici contorti, ontani dal tronco gonfio e betulle dal legno c...